DECRETO SULL’EROICITA’ DELLE VIRTU’

DELLA VENERABILE
SR. ROSALIE RENDU
Figlia della Carità
(1786-1856)

“Veritatem facientes in caritate” (Ef. 4,15) : Testimoniare la verità nell’amore.

Due sono nella Chiesa le strade caratteristiche per amare e far amare il Signore : la via della mistica della preghiera e la via della mistica del servizio.

La prima forma di amore è quella di Maria che accoglie l’angelo e la seconda è quella sempre di Maria che visita Elisabetta. Maria nell’annunciazione accoglie Cristo, Maria nella Visitazione porta Cristo.

La prima forma è quella vissuta dai contemplativi nella solitudine, la seconda dai contemplativi nel mondo. Le due strade si appoggiano e si integrano a vicenda.

La vita interiore resta sempre “l’ anima dell’apostolato”. “Vedere Cristo nei poveri” é una base mistica della vera carità cristiana, mentre le opere sono la miglior maniera per testimoniare la propria fede.

La vita di Suor Rosalie Rendu, da vera figlia di S. Vincenzo de Paoli si è sviluppata in quest’ottica.

Jeanne-Marie Rendu, figlia di Antonio Rendu e di Marie-Anna Laracine, nacque il 9 settembre 1786 a Confort, frazione di Lancrans, nell’Ain. Battezzata il giorno stesso della sua nascita. La sua famiglia apparteneva a quella antica borghesia rurale, ospitale e profondamente cristiana.

Era la maggiore di quattro figlie, aveva appena tre anni quando nel 1789 la presa della Bastiglia diede il segnale ufficiale della Rivoluzione. Allora la Chiesa fu spogliata dei suoi beni, perseguitata nelle sue istituzioni, martirizzata nei suoi preti e nei suoi fedeli.

La signora Rendu contribuiva a mantenere la fede nel paese ed apriva la sua casa e il suo cuore a Dio ai sacerdoti e a uno dei Vescovi perseguitati a causa del loro ufficio. In questo contesto Jeanne-Marie apprese il catechismo dal parroco di Lancrans, durante le sue visite clandestine e ricevette per la prima volta l’Eucarestia nella cantina dove si celebrava la Messa.

Fin da piccola aveva soprattutto una passione per i poveri. Nel 1797, alla morte del padre e della sorellina di appena due mesi, le fu affidata dalla madre la distribuzione delle elemosine ai poveri molto numerosi in quel paese.

Quando terminarono i giorni del "Terrore", fu inviata per due anni al collegio di Gex tenuto dalle suore Orsoline. Ella ammirava la loro pietà, partecipava con gioia alla loro preghiera, ma le mancavano i poveri. Ritornata a Confort, chiese a sua madre di fare un’esperienza al servizio dei malati all’ospedale di Gex, dove le Figlie della Carità servivano i poveri. Nel segreto del suo cuore, la chiamata di Dio si precisò ulteriormente verso una forma di vita tutta data a Dio e ai poveri.

A Parigi, nella Casa Madre delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paoli, appena sedicenne, il 25 maggio 1802 iniziò il “Seminario”( Noviziato) abbracciando con grande impegno le esigenze della nuova vita, ma questa lotta costante e i suoi vigorosi sforzi si fecero risentire sulla sua salute: il medico, consultato, ordinò un cambiamento d’aria.

Jeanne-Marie fu mandata in una comunità, in uno dei quartieri più miserabili di Parigi, quello di Mouffetard, dove completò il suo noviziato e gli fu dato il nome di Sr. Rosalia; vi resterà per 53 anni fino alla morte.

Incaricata all’inizio di una classe numerosa la nuova maestra si dedicò con tutto il cuore ai suoi bambini, tenendo conto del loro carattere e dell’ambiente. Metteva gran zelo a catechizzarli e a prepararli alla prima comunione. La sera, dopo il lavoro, percorreva i quartieri e visitava le famiglie, evangelizzandole, ridando loro il gusto della pratica cristiana.

Nel 1815, nonostante la sua giovane età, fu scelta come superiora. Due anni dopo, la casa fu trasferita nello stesso quartiere, in rue de l’Epée-des-Bois. Il suo popolo di diseredati era formato, come lei stessa attesta, da braccianti e manovali, lavandaie, donne delle pulizie, rammendatrici, sterratori, conciatori di pelli, straccivendoli, raccoglitori di rottami e venditori ambulanti”.

In mezzo a questa turba di affamati, Suor Rosalia divenne la “Mamma buona” di tutti, senza distinzione di fede religiosa, di idee politiche , di condizione sociale. Con una mano riceveva dai ricchi e con l’altra riversava l’aiuto ai poveri, specialmente là dove l’assistenza pubblica dello Stato non giungeva. Si trasformò in infermiera , in giudice di pace, in catechista per i bimbi di strada. Si frappose anche efficacemente con la propria persona fra le armi di fazioni diverse durante la rivoluzione del 1830 e del 1848 gridando: “ Qui non si uccide!”.

La sua attività aveva del prodigioso. Fondò un nido, un asilo, delle scuole, un orfanotrofio, un patronato, un’associazione di Nostra Signora del Buon Consiglio, un ospizio; si occupò dell’ufficio di beneficenza e della visita dei poveri a domicilio; procurò posti agli operai disoccupati; diede a giovani poveri i mezzi per entrare in seminario o di proseguire i loro studi in teologia. I poveri vivevano fiduciosi e famigliarmente con lei nel quartiere. Le confidavano le loro idee, i loro lamenti, le loro pene, le loro domande e i loro segreti. Il suo cuore era un rifugio, la sua coscienza, una luce, e la sua casa la loro. Franca con tutti diceva la verità a ognuno, anche le più dure, ma vi era sempre tanta. indulgenza nei suoi rimproveri, tanta tenerezza nella sua severità.

Ai ricchi Suor Rosalia dava la gioia di fare opere buone. Si vedevano spesso nel suo parlatorio vescovi, sacerdoti, l’ambasciatore di Spagna Donoso Cortes, i più ragguardevoli uomini di stato e di cultura, fino all’imperatore Napoleone III con la sua consorte, studenti di diritto, di medicina, gli allievi del politecnico, delle normali e delle altre importanti scuole: venivano a cercare da suor Rosalia informazioni, raccomandazioni, oppure prima di fare un’opera buona domandavano a quale porta dovevano bussare.

Tra di loro il beato Federico Ozanam confondatore della “Conferenza di San Vincenzo de Paoli”, e il venerabile Jean Léon Le Prevost, futuro fondatore dei Religiosi di San Vincenzo de Paoli, conoscevano bene la strada della sua casa e con gli altri loro amici venivano a cercare da Suor Rosalia i consigli per intraprendere i loro progetti.

Ella era al centro di un movimento di carità che caratterizzò Parigi e la Francia nella prima metà del secolo XIX.

L’esperienza di Suor Rosalia fu inestimabile per quei giovani. Ella orientò il loro apostolato, guidò il loro andare e venire nel sobborgo, diede loro indirizzi di famiglie nel bisogno, scegliendoli con cura.

Una notevole corrispondenza rivela la sua collaborazione fraterna con la superiora del “Bon Sauveur” di Caen che accettò di ricevere per curare i malati mentali: preti, religiosi, religiose e laici che gli ospedali di Parigi non potevano accogliere.

Il suo esempio stimolava le consorelle in modo particolare durante l’epidemie di colera del 1832, 1859 e 1864 a donarsi sempre più radicalmente.

Spesso ripeteva loro:“ Siate un paracarro sul quale tutti quelli che sono stanchi hanno diritto di deporre il loro fardello”. Era così semplice, viveva così poveramente da lasciar trasparire in lei la presenza di Dio. Fra una visita e un impegno, la si trovava in ginocchio “Cerco di rimettermi alla presenza di Dio”, rispondeva alle indiscrete domande delle compagne. Aveva sete di quella presenza.

Una gran fede l’animava. Vedeva Dio nei superiori ai quali rendeva obbedienza. “La Comunità é fatta a immagine di Dio, diceva, vi è un Capo, e seguendolo si è sicuri di non perdersi”. Vedeva Dio nelle sue compagne. Le amava teneramente. Con le cure le più affettuose, sapeva conservare un vero rispetto.

“I poveri stessi notavano il suo modo di pregare e di agire”, riferisce una delle sue compagne.” Umile nella sua autorità, riprendeva con delicatezza ed aveva il dono di consolare. I suoi consigli, dettati dalla giustizia e dati con tutto il suo affetto, penetravano negli animi.

Era attenta ad assicurare alle sue compagne il tempo per l’orazione, ma bisognava “Lasciare Dio per Dio” come Vincenzo de Paoli aveva insegnato alle sue Figlie, e accompagnare una suora per una visita di carità, ella diceva: “Sorella cominciamo la nostra orazione”. Ne indicava con poche parole semplici e chiare la trama ed entrava in un gran raccoglimento.

Era molto attenta nel modo di accogliere i poveri. Il suo spirito di fede vedeva in loro i nostri “signori e padroni”. “I poveri vi insolentiranno. Più sono grossolani, più voi dovete essere dignitose," diceva: “ Ricordatevi che quei cenci nascondono Nostro Signore.”

I superiori le mandavano le postulanti e le giovani suore per la formazione. Mettevano nella sua casa per un certo tempo delle suore un po’ difficili o fragili. Per via dell’aumento del numero delle consorelle, l’ufficio di beneficenza divenne una casa di carità con un ambulatorio e una scuola. Ella vi vedeva la Provvidenza di Dio. Soffriva sia delle lodi, sia delle mancanze di rispetto, come gli altri, del disprezzo e dei rimproveri.

Il 27 febbraio 1852, ricevette la croce della Legione d’onore dall’Imperatore Napoleone III. Non poteva consolarsi per quella decorazione. “Un granello di amor proprio basta per perdere il merito di un’opera buona” diceva. La sua umiltà era tale che si credeva incapace di qualsiasi virtù e si considerava l’ultima e la più indegna di tutte. Ma la sua uniformità d’umore e la serenità della sua vita nascondevano un completo distacco dalle cose e la più austera pratica di mortificazione.

Fin dal febbraio 1854 la salute di Suor Rosalia cominciò a declinare. Era diventata cieca e s’incamminava lentamente verso la fine. Operata di cataratta a due riprese non riacquistò la vista.

Mentre le sue possibilità fisiche diminuivano, la sua anima si distaccava sempre più dalla terra. Il 4 febbraio 1856 una pleurite l’inchiodò a letto. Le dispiaceva di non poter più servire i suoi poveri e, sempre dimentica di se stessa si preoccupava della stanchezza delle sue suore. Lungi dal lamentarsi, diceva: “I poveri non stanno così bene come me”.

Il 7 febbraio 1856 giovedì, alle 11, suor Rosalia moriva nella sua casa senza agonia.

Una testimone dei suoi funerali scrisse: “La via e i dintorni della casa delle Suore erano stipati di una folla in lacrime”. Tutto il quartiere di Mouffetard si riversò verso la casa delle suore per darle l’estremo saluto. La folla che partecipò al corteo funebre e alla funzione religiosa fu calcolata da 40 a 50 mila persone.

La salma fu deposta nel cimitero di Montparnasse, nella tomba delle Figlie della Carità. Qualche mese più tardi, per favorire i numerosi visitatori che si recavano a pregare sulla tomba di Suor Rosalia, la sua salma fu riesumata e collocata in un luogo più vicino e comodo, presso l’entrata del cimitero.

Sulla sua tomba fu messa una lastra di marmo sormontata dalla croce, con questa semplice scritta:” A la bonne Soeur Rosalie, ses amis reconnaissants, les riches et les pauvres”

La scomparsa di Suor Rosalia ebbe una grande risonanza. Parigi si commosse ed i giornali pubblicarono in quei giorni articoli sulla sua vita sulle sue opere e sui funerali, in un clima di dolore e di plauso unanime. Un suo busto marmoreo fu posto nella sala del Consiglio del Municipio del 12° circondario.

Il processo ordinario per la beatificazione e canonizzazione fu tenuto a Parigi solo nel 1953, per ragioni indipendenti dalla causa e al termine del medesimo anno fu portato a Roma. La validità giuridica fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 20 gennaio 1992. Preparata la Positio, si discusse come di consueto se la Serva di Dio abbia esercitato le virtù in grado eroico. Il 30 maggio 2000 si è tenuto con esito positivo il Congresso dei Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi. I Padri Cardinali e Vescovi, nella Sessione Ordinaria del 20 febbraio 2001, sentita la relazione dell’Ecc.mo Mons. Ottorino Pietro Alberti, Arcivescovo di Cagliari e Ponente della Causa, hanno riconosciuto che Rosalia Rendu ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.

Avendo presentato al Santo Padre un'accurata relazione dal sottoscritto Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi su questi fatti, Sua Santità ha ratificato con il suo assenso i voti della Congregazione dei Santi, dando disposizione che si prepari il Decreto sull'eroicità delle virtù.

Essendo stato fatto tutto secondo le norme, oggi, convocato il sottoscritto Prefetto, il Ponente della Causa e me Segretario della Sacra Congregazione e tutti coloro che si suole convocare, alla loro presenza il Santo Padre solennemente ha dichiarato:

Consta che la serva di Dio Sr, Rosalie Rendu ( al secolo: Giovanna Maria) della Compagnia delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli ha esercitato le virtù della fede, della speranza e della carità sia verso Dio, che verso il prossimo, e inoltre le virtù cardinali della prudenza, giustizia, temperanza e fortezza e le virtù loro annesse.

Il Pontefice ha dato ordine che questo decreto sia pubblicato e conservato negli atti della Congregazione delle Cause dei santi.

Dato a Roma, il 24 Aprile 2001

+ José Saraiva Martins

Arcivescovo di Tuburnica

Prefetto

+ Edoardo Novak

Arcivescovo di Luni