BEATA SUOR
MARTA WIECKA FdC
(1874 - 1904)
Sr.
Marta Anna Wiecka è stata beatificata il 24 Maggio 2008 a Leopoli (Ucraina):
La cerimonia
è stata presieduta dal Card. Tarcisio Bertone,
Segretario di Stato, a ciò delegato dal Santo Padre
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ALLO SPECIALE SULLA BEATIFICAZIONE
La sua vita in famiglia
Marta Anna Wiecka nacque il 12 gennaio
1874 a Nowy Wiec, in territorio polacco, nella zona occupata allora dalla Prussia.
Era la terza di 13 figli dei quali tre morirono in tenerissima età e
cinque in età giovanile. La famiglia Wiechi era una delle più
importanti del paese. Il padre, un ricco proprietario terriero (100 ettari di
terreno) occupava gran parte del suo tempo nella conduzione dell'azienda. Si
capisce quindi come tutto o quasi tutto l'andamento familiare fosse affidato
alla madre la quale molto presto insegnò alle sue tre figlie più
grandi a dare il loro contributo in famiglia.
A Marta venivano affidati i fratellini che giungevano puntualmente a distanza
di due o tre anni. Perciò imparò molto presto cosa volessero dire
dedizione, pazienza, mediazioni nei piccoli litigi infantili, sonni interrotti,
attenzione e senso di responsabilità, emergenze ecc. ecc.
Potremmo definire, la sua, una fanciullezza donata agli altri, ma non del tutto
priva di quella spensieratezza che richiede l' età..
Infatti, molto portata alla vita di relazione, Marta aveva intorno a sé
un piccolo gruppo di amiche di cui era il naturale leader. Era l'anima dei loro
giochi, colei che proponeva le iniziative più svariate.
Forte delle convinzioni religiose acquisite in famiglia dalla mamma, si improvvisava
catechista delle sue amichette e
guai a chi non seguiva le sue spiegazioni!
A 11 anni, secondo l'uso del tempo, iniziò la preparazione alla Prima
Comunione. Le lezioni bisettimanali venivano fatte al mattino, prima della scuola,
nella Parrocchia distante 12 chilometri. C'era di che scoraggiarsi, ma Marta
fu la prima a reagire: alzata alle cinque del mattino, cammino attraverso scorciatoie,
passo cadenzato e continuo, partecipazione alla Santa Messa, lezione di catechismo
e poi ritorno a casa dove un'altra giornata di scuola e di lavoro era già
spuntata.
Il catechista, Don Marian Dabrowski, avrà un ruolo molto importante nella
vita di Marta. A lui affiderà la guida della sua anima, con lui inizierà
a rendere più nitidi i contorni di una vocazione religiosa nascente.
Don Marian, infatti, era il Cappellano delle Figlie della Carità nella
loro Casa Provinciale a Chelmno. Non c'è quindi da meravigliarsi se la
giovanissima Marta sentiva insorgere mille interrogativi da sottomettere a Don
Marian per sapere sempre più notizie sulla vita delle Figlie della Carità.
Fu Don Marian che, dopo ripetute richieste, suggerì a Marta di scrivere
alla Visitatrice di Chelmno per chiederle di essere accolta in comunità.
La risposta non si fece attendere e fu positiva, ma c'era una clausola: se voleva
conoscere le Suore ed essere a sua volta conosciuta, Marta avrebbe dovuto trascorrere
il periodo natalizio a Chelmno.
Volitiva come era, Marta accettò e partì. Fu un'esperienza bella
che la segnò per sempre. Al momento di congedarsi si sentì dire
di tornare dopo due anni. La giovane Aspirante aveva infatti soltanto sedici
anni.
Tornò in famiglia dove riprese il suo posto tra genitori e fratellini
da accudire, contando i giorni che mancavano al suo diciottesimo compleanno.
Verso una nuova meta
In questo periodo si inserì un fatto
nuovo. Monica Gdaniec, la sua amica del cuore, di due anni più grande,
le comunicò un giorno che anche lei voleva diventare Figlia della Carità.
Aveva già inoltrato la sua domanda alla Visitatrice di Chelmno, ma le
era stato detto di aspettare un po' perché
.non c'era posto! Una
soluzione per accelerare i tempi c'era: le Figlie della Carità erano
anche a Cracovia. Senza dir niente a nessuno, facendosi coraggio l'una con l'altra,
le due ragazze scrissero alla Visitatrice di Cracovia. La risposta arrivò
e fu positiva.
Ma come comunicare il tutto ai genitori? Cracovia era molto lontana; per raggiungerla
ci volevano due giorni di viaggio. La provvidenza appianò le varie difficoltà.
Monica e Marta si avviarono insieme verso lo stesso indirizzo. Era il 25 aprile
1892. Il giorno dopo iniziarono il loro Postulato. Monica aveva 20 anni e Marta
18. Dopo poco più di tre mesi, cominciarono la seconda tappa della loro
formazione: il Seminario.
Tutto nella norma: vita di unione profonda con il Signore, conoscenza e approfondimento
dello spirito e del carisma vincenziano, esperienze di servizio tra i poveri.
Nelle corsie degli ospedali
21 aprile 1893: Suor Wiecka, rivestita
dell'abito delle Figlie della Carità riceve la sua prima destinazione:
l'ospedale di Leopoli, il più grande ospedale diretto dalle Figlie della
Carità della provincia di Cracovia. Poteva ricevere fino a 1000 malati
e vi lavoravano 50 Suore.
Suor Marta vi imparò la professione di infermiera aiutata dalle Sorelle
più anziane: il metodo, la precisione, l'attenzione e tutto quel piccolo-grande
bagaglio che fa di un'infermiera una maestra in umanità e una messaggera
di fede.
Dopo pochi mesi Suor Marta aveva superato gli esami: in molti avevano avuto
modo di apprezzarla e di capire che in quella giovanissima Suora c'era stoffa
buona.
La ritroveremo l'anno dopo nell'ospedale di Podhajce, una cittadina di circa
6.000 abitanti. Le Suore erano solo in sei e si dedicavano a una sessantina
di malati. Le condizioni di lavoro non erano certo le più facili perché,
oltre ai malati, le Suore avevano ogni giorno a che fare con gli operai, i disoccupati
in cerca di lavoro, i poveri che chiedevano un po' di pane. Se a Leopoli Suor
Marta aveva dovuto dimostrare le sue capacità di infermiera, qui le erano
molto necessarie l'intraprendenza e l'iniziativa. Era stata mandata lì
proprio per questo. Anche qui superò brillantemente l'esame: competenza,
professionalità, capacità di relazione, dedizione, pazienza, disponibilità
e poi quei momenti tutti intrisi di preghiera per chiedere a Dio una guarigione
o una conversione. Nessuno dei suoi malati moriva senza riconciliarsi con Dio.
Spalle robuste per portare la croce
Leopoli, Podhajce: due trampolini di lancio
per arrivare fino a Bochnia, una cittadina non lontana da Cracovia, di circa
8.000 abitanti. C'erano 5 Suore per circa 55 malati.
La Suor Servente, Suor Maria Cablo si rese subito conto che la giovane Suora
di appena 25 anni era un vero tesoro sia per i malati che per le consorelle:
sempre serena, sempre pronta ad aiutare, sempre disposta a prendere su di sé
i lavori più pesanti. Non era difficile andare d'accordo con lei.
E invece proprio a Bochnia avvenne quello che nessuno mai avrebbe potuto prevedere:
una calunnia odiosa che gettò sulla sua persona un fango pesante.
L'ospedale non disponeva di reparti ben definiti a seconda delle malattie; il
criterio base era quello di separare gli uomini dalle donne.
Un brutto giorno accadde il fattaccio. Nel reparto in cui prestava servizio
Suor Marta venne ricoverato un giovane studente piuttosto grave. Fu affidato
alle sue cure. Nella stessa camera c'era un uomo affetto da malattie veneree.
Suor Marta, proprio in ottemperanza a disposizioni precise della comunità
delle Figlie della Carità, non poteva e non doveva occuparsi di lui.
A lei era stato affidato il ragazzo che cercava di curare nel miglior modo.
I suoi gesti, le sue premure non sfuggivano al poveretto che, attratto da quella
giovane bellezza vestita da Suora, fu preso da una incontenibile gelosia e cercava
ogni occasione per mettere in atto un piano diabolico.
Un giorno, mentre aspettava il risultato del termometro, Suor Marta, in un gesto
istintivo, si sedette sul letto del giovane. Un gesto innocente che pagò
molto caro. L'uomo aveva trovato quello che cercava. Appena uscito dall'ospedale
si recò dal Parroco al quale disse che Suor Marta era incinta; il padre
del bambino era il giovane malato.
La calunnia era così ben confezionata che al Sacerdote non venne neppure
in mente di costatarne la veridicità. Informò immediatamente i
Superiori delle Figlie della Carità a Cracovia.
Anche qui nessun approfondimento, nessun confronto. Venne chiamata d'urgenza
la Suor Servente alla quale, senza spiegare neppure il perché, fu servita
una di quelle docce fredde che lasciano il segno per anni. Finalmente, dopo
tante porte chiuse, Suor Maria riuscì a sapere dal suo Confessore di
un tempo ciò che era successo. La sua reazione di sorpresa e l' assoluta
fiducia nella sua giovane compagna non vennero prese neppure in considerazione.
Tornò a Bochnia col cuore spezzato, impedita di comunicare ad altri l'ingiusta
accusa. Soprattutto non voleva che Suor Marta sapesse qualcosa. Ma la Suora
sentiva che, all'improvviso, la terra le stava franando sotto i piedi, si vedeva
circondata da sguardi sospetti e da voci appena sussurrate. Non sapeva che qualcuno
aveva già bussato alla porta delle Suore per lasciare una culla per il
nascituro, accompagnando il dono col più ironico sorriso. Non sapeva
che per due volte il calunniatore aveva tentato di accoltellare la Suor Servente
perché, diceva, proteggeva troppo Suor Marta.
Fu a questo punto che qualcuno cominciò a porsi degli interrogativi sulla
personalità dell'incallito personaggio. Ne venne fuori un curriculum
da far accapponare la pelle. Solo allora il Parroco capì in che specie
di tranello era così ingenuamente caduto. Si recò in fretta in
casa delle Suore e lì, davanti a tutte, pianse la sua colpa e chiese
ripetutamente perdono.
L'incubo era finito, ma per Suor Marta le cose non cambiarono molto: durante
la terribile calunnia era rimasta salda alla croce, in piedi, forte della sua
innocenza. In un giorno imprecisato, durante la preghiera, le era apparsa una
croce dalla quale uscivano raggi. Aveva sentito anche una voce: "Figlia,
sopporta pazientemente tutte le calunnie e tutte le accuse. Fra poco ti prenderò
con me"!
Da quel momento Suor Marta aveva sentito un grande desiderio del cielo. Aveva
capito che le restava poco da vivere.
Dare la vita
Era il luglio 1902. Nell'ospedale di Sniatyn,
una cittadina di circa 11.000 abitanti, c'erano alcuni problemi causati dal
carattere molto autoritario di una Suora che pretendeva di far camminare tutti,
medici, infermieri, malati, consorelle secondo i suoi rigidi schemi. Occorreva
riportare tranquillità. I Superiori pensarono a Suor Wiecka che aveva
già dato prove di serietà e di equilibrio. Suor Marta arrivò
a Sniatyn disponibile come sempre. Infinitamente paziente, sempre servizievole
e premurosa, lasciava trasparire dal volto una gioia interiore che aveva qualcosa
di soprannaturale. Lavorava nel silenzio e nella preghiera. Lei sapeva cose
che gli altri non potevano sapere. Ormai poteva contare i giorni che le rimanevano
da vivere.
Quando, durante il tempo del Seminario, aveva imparato a conoscere alcune figure
delle prime Figlie della Carità, era rimasta affascinata da Suor Giovanna
Dalmagne, morta a 33 anni, pienamente felice di aver servito i poveri. Morire
giovane era il desiderio di Suor Marta.
"Il prossimo anno farò il Natale in cielo" aveva affermato
con convinzione nel dicembre 1903. Le Suore l'avevano guardata sorprese: non
c'era assolutamente nulla che facesse presagire una fine a breve scadenza. Anzi
le sue forze sembravano aumentare un po' più ogni giorno, sempre disponibile
a servire, sempre pronta ad aiutare chi si trovava in difficoltà.
"Sarà molto difficile portare la mia salma per questa scala"
aveva continuato a dire un altro giorno guardando dall'alto la ripida scala
di servizio. "Ma Suor Marta, cosa dice? I morti sono portati sempre per
la scala principale"! protestarono le Suore. "Ma io sarò portata
di qui"!
A Sniatyn a Suor Marta era stato affidato
il reparto infettivi. Le misure di igiene e le regole di prudenza non erano
mai troppe. Il pericolo del contagio era sempre in agguato.
Nella stanza d'isolamento era stata ricoverata una donna colpita da tifo petecchiale,
una malattia altamente contagiosa in quel tempo e sicuramente mortale. Invece
quella donna ce l'aveva fatta a sopravvivere ed era tornata a casa sua, lasciando
però nell'ospedale mille problemi: bisognava procedere ad una accurata
disinfezione dell'ambiente e delle suppellettili. Il compito venne affidato
al portiere dell'ospedale. Il poveretto si sentì distrutto. Sapeva benissimo
che c'era una percentuale altissima di probabilità che contraesse a sua
volta la terribile malattia. Pensò alla sua giovane sposa, al suo bambino
di pochi anni. Pianse, si disperò, implorò.
Suor Marta lo vide e si commosse profondamente. Senza pensarci due volte propose
la soluzione: "Vado io"! Nessun ripensamento, nessun tentennamento.
Quella determinazione che l'aveva caratterizzata per tutta la vita, si rivelò
in tutta la sua pienezza. Suor Marta andò, disinfettò.
Erano trascorsi solo pochi giorni. Il 23 maggio 1904 si sentì invasa
da una grande debolezza. Si mise a letto. Le cure che le vennero somministrate
non valsero a nulla.
Qualcuno pensò che le previsioni da lei fatte sulla sua fine contenevano
qualcosa di vero.
Suo fratello Don Jan (1878 - 1970), Sacerdote da pochi anni, accorse al suo
capezzale.
Il 30 maggio le condizioni fisiche di Suor Marta si erano ulteriormente aggravate.
Quasi per scongiurare la sua fine prematura, una Suora le disse: "Maggio
sta ormai per finire e tu sei ancora qui con noi"! Suor Marta abbozzò
un sorriso e precisò che era solo questione di ore.
Morì quella sera stessa. La notizia della sua morte si diffuse in un
baleno. Tutti volevano sapere, tutti volevano vederla. La gravità del
male che l'aveva colpita non permetteva assembramenti. Molti piansero quella
giovane vita stroncata; molti lodarono il gesto che aveva coronato la sua vita.
Per disposizione delle autorità sanitarie, la salma di Suor Marta fu
portata attraverso quella scala secondaria di cui aveva parlato. Per misure
di prudenza non fu permesso portarla in Parrocchia.
Il corteo funebre si diresse direttamente verso il cimitero di Sniatyn. A presiedere
il tutto c'era suo fratello Don Jan.
La salma venne tumulata accanto alla tomba di San Giovanni Nepomuceno, il Sacerdote
morto martire per non aver voluto infrangere il sigillo sacramentale e di cui
Suor Marta era devotissima fin dalla fanciullezza.
Solo alcuni giorni dopo le Suore si resero conto che anche questo particolare
era entrato nelle "profezie" di Suor Marta.
Dopo 100 anni .
Gli anni trascorsero più o meno
rapidi, pieni di vicende politiche che parlavano di guerra, di spartizioni,
di germanizzazione. La Polonia conobbe pagine durissime della sua storia.
Le Figlie della Carità dovettero lasciare molte delle loro attività
a servizio dei Poveri, tra cui l'ospedale di Sniatyn (1920).
Inspiegabilmente la tomba di Suor Marta continuò ad essere sommersa di
fiori. Pochissimi a Sniatyn sapevano ormai chi fosse colei il cui corpo riposava
nel loro cimitero. La chiamavano la Madre, la Monaca, ma le conoscenze non andavano
molto più lontano. Una cosa però la sapevano: la Madre aiutava
tutti.
Primavera 1990: un gruppetto
di turisti polacchi giunse a Sniatyn. Cercavano una tomba del 1904.
Entrarono nel cimitero. Guardando attentamente scoprirono una tomba con alcune
caratteristiche che le altre non avevano: fiori freschi, tanti asciugamani ucraini
ricamati posti sui bracci della croce e molte candele accese. Inciso sulla pietra
c'era un nome: Suor Marta Anna Wiecka. Era proprio la tomba che cercavano. Una
donna ucraina si avvicinò e offrì loro del cibo (gli Ucraini portano
cibo sulle tombe perché chi lo mangia si senta obbligato a pregare per
il defunto). In cambio voleva preghiere per suo figlio morto poche settimane
prima.
Intorno ai visitatori si radunò un gruppetto di donne : "Mio figlio,
dice una di loro, era stato condannato dalla legge, ma era innocente. Ho percorso
quattro chilometri in ginocchio e sono arrivata qui dalla nostra Madre perché
lo salvasse. L'ha salvato".
Sr Maddalena Castrica FdC
Clicca qui per il Decreto sull'Eroicità delle virtù, letto a Roma il 20.12.2004